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Sport

Disabilità e sport: storie di inclusione sportiva

Immagine di una ragazza che calcia un pallone
Immagine di una ragazza che calcia un pallone

Contenuto realizzato in collaborazione con la redazione di Tuttosport

Nato grazie al sostegno di numerosi testimonial della prima ora, capitanati da Giorgio Chiellini, il club di Torino “Insuperabili” ha saputo espandersi nel corso degli anni, imponendosi come esempio virtuoso e replicando il proprio innovativo modello su tutto il territorio nazionale.

L’attività del club inclusivo Insuperabili è finalizzata ad introdurre nel mondo del calcio persone con una disabilità cognitiva, affettivo-emotiva, comportamentale, fisica, motoria o sensoriale, creando per loro un percorso personalizzato, in grado di trasformare l’esperienza sportiva in un momento di vera scoperta, attraverso cui migliorare la propria qualità di vita.

Le storie di Insuperabili raccontate dai protagonisti: le interviste

Abbiamo incontrato i protagonisti di Insuperabili per farci raccontare, con la loro voce, cosa significa davvero superare i propri limiti ogni giorno.

Laura Gutiérrez: da calciatrice a progetti di calcio per disabili

Primo piano di Laura Gutierrez

Lo sguardo soddisfatto di chi vive seguendo i propri ideali e crede davvero in ciò che porta avanti, il sorriso spontaneo quando racconta della sua "missione", l'italiano parlato con quella chiara influenza spagnola che non lascia dubbi sulle sue origini. 

E poi tante, tantissime storie da raccontare. Le partite a 10 anni contro ragazze e adulte molto più grandi di lei. La timidezza che si trasforma in consapevolezza, la “camiseta” azulgrana del Barcellona, quella Roja della nazionale spagnola (e prima quella catalana...), la voglia di fare la differenza e la decisione di iniziare a lavorare nel mondo della disabilità sportiva. 

Laura Gutierrez Navarro, in arte Guti, di aneddoti da raccontare ne ha un'infinità, a partire dal suo presente. Un presente biancoblù, come i colori sociali di Insuperabili. L'inizio è l'ottobre 2023: dopo poco più di un anno ora è coordinatrice dell'area educativa, fa parte del team di ricerca e sviluppo, di quello di formazione, allena due gruppi e supervisiona tre delle 18 sedi nazionali.

“Ora sono ancorata nella vita reale” 

Laura Gutiérrez: dal sogno Barça a Insuperabili, una vita per il calcio inclusivo

 

Eppure la tua storia parte da molto lontano...

Inizia a sei anni, mamma quanto tempo è passato. Andavo a vedere le partite di mio cugino e durante l'intervallo prendevo il pallone e scendevo in campo. Così mi hanno detto di provare a giocare con loro. Amore a prima vista, ero l'unica ragazza in una squadra maschile, ma non mi importava. Mi divertivo tantissimo, ero sempre felice quando mi allenavo.

Poi cosa succede?

Vado a giocare nella prima squadra femminile, alla Polvoritense. A 10 anni la prima amichevole contro ragazze di venti, venticinque anni. Le giovanili non esistevano. Un altro mondo...

A 13 anni quel provino con il Barcellona cambia tutto.

Due allenamenti e poi mi hanno preso. Ho fatto tutte le trafila: settore giovanile, Primavera, Prima squadra. Per me, che ho sempre tifato Barcellona, un sogno. Non avevo riferimenti femminili e il mio idolo era Carles Puyol. L'ho anche conosciuto. E poi la nazionale catalana e spagnola e il calcio che diventa sempre più una parte fondamentale della mia vita. 

Anche perché il movimento femminile anche in Spagna non era così avanti come lo è oggi...

Una bambina non poteva sognare di diventare una calciatrice professionista, come in Italia. E invece era tutto vero. Difensore centrale del Barcellona prima e poi dal 2013 del Levante. Il debutto in prima squadra nel derby contro l'Espanyol: lo ricordo bene, che tensione. E anche qualche botta durante la partita. 

Il momento più bello che hai vissuto?

Ce ne sono tanti, i successi con la Spagna, l'esperienza al Barcellona, aver giocato la Champions e aver vinto campionati. Il Mondiale Under 17 disputato in Trinidad & Tobago. Sceglierne uno è impossibile ma anche aver condiviso spogliatoio e campo con giocatrici importanti nel panorama sportivo internazionale.

Poi il trasferimento al Levante e lì un altro stravolgimento di vita...

Ho giocato fino al 2020 lì, ma nel frattempo ho portato avanti gli studi in Educazione Sociale in Spagna e nel 2018 ho iniziato a lavorare per la Fondazione del Levante appunto, cominciando ad allenare ragazze e ragazzi con disabilità. 

Perché la decisione di smettere e di lavorare sempre nel calcio ma nel sociale?

Mi sono accorta che i miei valori non venivano più rispecchiati in ciò che facevo. Mi sentivo distante dal mondo che stavo vivendo. E quindi ho deciso di focalizzarmi sul calcio per persone con disabilità. Durante il Covid, io ero sollevata perché non volevo più allenarmi. Ho capito che dovevo smettere. Negli ultimi due anni il calcio era diventato un obbligo e non una passione. 

L'hai ritrovata quella passione?

Sì, ma in forma diversa. Lavorando in ciò per cui avevo studiato, realizzando interventi socio-educativi attraverso il calcio per le persone con disabilità. Avevo raggiunto il mio obiettivo. Era solo l'inizio della mia nuova vita e, inoltre, ero circondata da un ambiente sano che mi era mancato tanto. Il calcio è un diritto. Di tutti. Eppure spesso ancora oggi ce ne dimentichiamo.

Il mondo della disabilità ti ha sempre attratto, ma come si passa a Insuperabili?

Nel 2022 gli Insuperabili si sono gemellati con il Levante. Ho conosciuto una realtà incredibile, avanzata in tutto. Sia nel numero e competenze dei coach, tesserati e sedi sia come metodologia e impostazione del lavoro. E allora ho deciso di uscire dalla mia comfort zone e spostarmi in Italia. 

Tu ora svolgi un sacco di ruoli. Credi sia più quello che dai o più quello che ricevi dalle ragazze e dai ragazzi?

Io cerco di dare solo me stessa e ciò che il calcio mi ha insegnato ad essere. Ma in realtà, ricevo tanto di più. Sono una privilegiata e ho sempre potuto fare ciò che amavo. Però grazie ai ragazzi, ai loro genitori, ho imparato ad apprezzare ciò che è fondamentale nella vita.

Cioè?

La famiglia, la salute. Il credere in ciò che fai. E farlo con persone che hanno la tua stessa voglia, entusiasmo e passione appunto. 

Non ti manca il calcio giocato?

No, perché non è la vita reale per me. Ora mi sento ancorata nella realtà. Non rinnego nulla, nemmeno i sacrifici che facevo a otto anni quando mi allenavo la sera. Ho sempre detto e dirò sempre che sono fortunata ad aver vissuto tutto quello che ho vissuto come giocatrice, con le sue cose belle e le sue cose meno belle. Ma ora amo ciò che sto portando avanti. Il calcio mi ha dato responsabilità, autonomia e capacità di organizzazione e questo me lo porto sempre dietro. 

Dove vedi Laura tra 10 anni?

Bella domanda, difficile. Sicuramente voglio restare in questo mondo e continuare a crescere nel segno dell'inclusione. 

E Insuperabili tra 10 anni?

Spero che sia un punto di riferimento mondiale per il calcio con disabilità, i mezzi ci sono tutti.

Cosa ne pensi della nascita ormai tre anni fa della squadra Women?

Due anni fa proprio col Levante c'è stata la prima partita internazionale tra due squadre femminili di calciatrici con disabilità. Credo che sia un segnale importante e anche storico. Credo sia il frutto del lavoro che stiamo portando avanti. Insuperabili ha sempre dimostrato di essere in anticipo sulla mentalità e sulla cultura della società. Crede nei diritti e lavora per le pari opportunità.

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